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Numerosi programmi di ricerca hanno permesso di individuare quelle che oggi sono considerate le specie vegetali più idonee da utilizzare nelle varie filiere agro-energetiche. Tra queste, la canna comune (Arundo donax L.) appare particolarmente interessante per diversi motivi: produzione elevate quantità di biomassa, limitato fabbisogno di input colturali, buona resistenza agli stress idrici, cantieristica di raccolta non complessa, ridotto contenuto di umidità alla raccolta ed un elevato potere calorifico.

L’Arundo donax è una pianta erbacea perenne originaria dell’Est asiatico e successivamente diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo in virtù dell’elevato grado di adattabilità alle diverse condizioni ecologiche. In condizioni ottimali di crescita si possono avere fino a 100 t/ha di sostanza fresca e, di norma, nelle zone di coltivazione dell’Europa meridionale, è possibile ottenere una produzione di sostanza secca mediamente pari a 30 t/ha, con punte che arrivano anche alle 40 t/ha.

Dal punto di vista energetico, la canna comune può essere usata per la produzione di elettricità e di calore per mezzo di combustione diretta, oppure per la produzione di biocarburanti di seconda generazione attraverso processi chimici che convertono la biomassa lignocellulosica in etanolo.

L’introduzione dell’Arundo nei diversi ordinamenti colturali, per fini energetici, presuppone l’individuazione di una appropriata tecnica di moltiplicazione visto che questa specie, al di fuori del suo areale di origine, non fruttifica a causa della sterilità del polline. La fase di impianto della coltura rappresenta la criticità maggiore della filiera agro-energetica relativamente alla reperibilità del materiale di propagazione e ai costi di moltiplicazione. I sistemi riproduttivi potenzialmente impiegabili per la sua coltivazione prevedono l’utilizzo di: piantina micro-propagata, talea radicata,  rizomi, porzione di fusto adagiato nel solco.

La costituzione degli impianti attraverso l’utilizzo di rizomi presenta non poche difficoltà, dalla fase di reperimento del materiale di propagazione fino a quella relativa alla sua selezione e sezionatura, con evidenti ripercussioni sui costi di produzione.

L’utilizzo dei culmi di canna potrebbe rappresentare una valida alternativa all’impiego dei rizomi, essendo facilmente reperibili e a costi notevolmente contenuti. Al fine di agevolare la fase di sperimentazione agronomica, mettendo nelle condizioni di poter realizzare impianti colturali di notevole superficie a costi contenuti sia i ricercatori del settore agronomico che i partners industriali del Progetto SUSCACE (progetto di ricerca a cui si riferiscono queste prove), il Gruppo Panacea ha provveduto a sviluppare macchine per l’impianto della canna comune utilizzando porzioni di fusto come materiale di base per la propagazione.

Il sistema prevede lo sviluppo di un prototipo per la raccolta e la depezzatura diretta delle canne “in piedi”, ed un prototipo di trapiantatrice di porzioni di culmi.

 

La macchina per la pezzatura provvede a tagliare le canne in segmenti di 1,2 m di lunghezza e a legarli in fasci.

La macchina per l’impianto provvede a deporli nel terreno all’interno di solchi distanti 0,75 m l’uno dall’altro a 300 mm di profondità. La trapiantatrice è una macchina portata, fissata all’attacco a tre punti posteriore di un trattore. Gli operatori che prendono posto su due sedili rivolti uno di fronte all’altro e dotati di una pedana leggermente inclinata su cui poggiare i piedi, provvedono ad introdurre manualmente i pezzi di canna, contenuti in due casse laterali in lamiera sagomata (b), posizionate ad una altezza e ad una distanza dall’operatore, tali da ridurre l’affaticamento dello stesso durante il prelievo del materiale. I solchi vengono aperti da due assolcatori a “V” (c) fino ad una profondità di 200 – 250 mm. Per evitare la ricaduta del terreno in fondo al solco sono state montate delle paratie in metallo fissate  subito dietro gli assolcatori (d), con un certo gioco al fine di assecondare l’irregolarità del terreno. Per favorire il trattenimento della canna in fondo al solco sono state installate delle ruote folli (e), soluzione particolarmente utile in presenza di materiale non perfettamente lineare (curvature naturali delle canne). La chiusura dei solchi avviene in maniera opportuna ad opera di una doppia coppia di dischi rincalzatori chiudisolco (f).

Infine il prototipo è dotato di un rullo di compattazione (g), di larghezza pari all’ingombro laterale della macchina, che svolge la funzione di regolarizzare e compattare il terreno movimentato,  migliorando il contatto tra terreno e fusti interrati. Per evitare una adesione  eccessiva di terreno al rullo, è stato montato un raschia-rullo a ridosso del rullo stesso (h). La posizione e l’altezza di lavoro di tutti gli organi sopra descritti sono regolabili per garantire la più ampia adattabilità della macchina alle diverse caratteristiche dei campi su cui l’agevolatrice può trovarsi ad operare. 

L’altezza di lavoro viene regolata direttamente dal sollevatore idraulico del trattore e dalla presenza di due ruote folli regolabili in altezza (i).

Prove di trapianto sono state effettuate in diverse località tra Sardegna, Umbria, Emilia Romagna e Toscana. L’esperienza più recente è stata condotta nel mese di maggio 2009 presso il Centro per il collaudo e trasferimento dell’innovazione di Cesa dell’Arsia, a Marciano della Chiana (Ar) su una parcella di circa 600 m2 ponendo a dimora culmi di canna provenienti da ecotipi locali, prelevati qualche giorno prima da un impianto adiacente. Il protocollo sperimentale seguito prevedeva diverse tesi, interrando porzioni basali, intermedie e apicali dei fusti e con diverse densità di gemme per metro lineare.