La canna comune è una pianta erbacea particolarmente interessante ai fini energetici, sia in combustione che per la produzione di biocarburante. A seconda dell’utilizzo (combustione, biogas o bioetanolo), la materia prima deve rispondere a determinate specifiche qualitative in relazione, ad esempio, al contenuto di umidità o al contenuto zuccherino. A tal riguardo, i periodi per la raccolta dell’Arundo sono legati essenzialmente al tipo di utilizzazione a cui il prodotto viene destinato. Nel caso della produzione di energia da combustione, è consigliabile raccogliere il prodotto nel periodo febbraio-marzo quando la canna ha completato il ciclo di lignificazione (maggiore potere calorifico) e possiede sia una minore umidità intrinseca che una minore concentrazione di zuccheri semplici. Se la destinazione è, invece, la produzione di bioetanolo o biogas, la raccolta può essere effettuata in diversi periodi dell’anno quando la canna è ancora in vegetazione. In questi casi, è necessario valutare se la fase di stoccaggio possa essere considerata oppure evitata al fine di preservare le caratteristiche qualitative. Durante tale fase, infatti, la biomassa va incontro a fermentazioni che possono portare a perdite notevoli di sostanza secca.
La bibliografia sullo stoccaggio dell’Arundo è limitata alla conservazione in cumulo all’aperto. In considerazione dell’importanza che la coltura potrà assumere in futuro e alla necessità di diversificazione delle filiere, nell’ambito del progetto SUSCACE si è esplorata la possibilità di sviluppare metodi di stoccaggio che possano contenere l’instaurarsi di fermentazioni ed attacchi microbici. Obiettivo del lavoro è stato quello comparare i comuni sistemi di stoccaggio all’aperto con soluzioni innovative come la conservazione in bins, con condizionamento forzato o meno e di valutare come i sistemi a confronto incidano sulle caratteristiche del prodotto finale.
Nel mese di Giugno 2013 presso l’azienda sperimentale “Cà Rossa” del CRA-CIN ad Anzola dell’Emilia si è proceduto alla raccolta, mediante un prototipo di falciatrinciacaricatrice per la produzione di trinciato a pezzatura maggiore di una coltura di Arundo al quinto anno di produzione.
Al momento della raccolta è stata eseguita la valutazione dell’umidità in accordo con le specifiche dettate dalla norma UNI EN 14774-2:2010 e l’analisi della pezzatura in conformità alla norma UNI EN 14961: 2010. Il prodotto raccolto è stato trasportato presso l’Unità di ricerca per l’Ingegneria Agraria (Monterotondo) dove è stata allestita la prova di stoccaggio in bins e in cumuli aperti. La prova è stata effettuata a partire dal 14 giugno 2013.
I sistemi di stoccaggio
Sono state confrontate tre tipologie di conservazione del trinciato di canna comune:
tesi 1, cumulo scoperto;
tesi 2, stoccaggio in contenitore (bin);
tesi 3, stoccaggio in contenitore condizionato mediante aerazione forzata.
I cumuli sono stati disposti sopra delle pedane con dimensioni e materiale identico a quello dei bins, in modo tale da riprodurre le stesse condizioni della superficie di appoggio. Le pedane erano poste su dei pallet in legno che permettevano la movimentazione del cumulo in occasione del monitoraggio del peso. I cumuli scoperti sono stati preparati cercando di uniformarne le dimensioni a quelle dei bins.
Le temperature interne sono state monitorate utilizzando due sonde (pt100) posizionate all’altezza di 15 e 30 cm dalla base del cumulo e collegate ad una centralina costruita appositamente, in grado di registrare i valori per 4 minuti con una frequenza di una lettura al secondo e calcolando la media
delle 240 letture al quinto minuto. L’andamento dell’umidità nel tempo è stato effettuato mediante campionamenti settimanali.
Per ogni rilievo sono stati prelevati da ogni cumulo (e anche dai bins) 3 campioni in diverse posizioni (fino ad arrivare a circa 300 g di prodotto) ad una profondità di 15-20 cm. I campioni sono stati trattati ed analizzati secondo le modalità descritte precedentemente (UNI EN 14774-2:2010). Per la tesi 2 sono stati impiegati bins di plastica di dimensioni 100x110x55 cm ai quali erano stati apportati dei fori nelle pareti verticali. Ogni bin è stato munito di sonde di temperatura (del tipo utilizzato per la tesi 1) e umidità per il monitoraggio in continuo durante tutta la durata dello stoccaggio. Per quanto riguarda l’areazione forzata (tesi 3), i bins della tesi 2 sono stati equipaggiati, a due estremità contrapposte, con due motori elettrici della Euro Motors Italia (mod. 800 CF3), aventi ognuno una portata di circa 1.500 m3 h-1 ed in cui delle ventole cilindriche immettevano aria dal basso ad una velocità di 27 km h-1. I suddetti motori sono stati collegati a due relè che ne comandavano l’accensione e lo spegnimento ogni 20 minuti nell’arco delle 24 ore. Allo scopo di valutare la perdita di sostanza secca nel tempo, ogni cumulo o bins è stato pesato
spostandolo su una bilancia a bascula. I rilievi sono stati effettuati all’inizio dell’attività di stoccaggio e successivamente a 10, 15 e 30 giorni. I dati ottenuti sono stati, infine, correlati al grado di umidità registrato.
Il ricorso al condizionamento della massa mediante aerazione forzata aveva lo scopo di favorire l’abbassamento del contenuto di umidità impedendo l’instaurazione di degradazioni microbiche dannose. Le temperature alla fine del ciclo hanno raggiunto i 30°C nella tesi 1 e 2, mentre nella tesi 3 si sono attestate a livelli leggermente inferiori La differenza più evidente, nella tesi 3, risiede nell’andamento delle temperature nei primi 10 giorni in quanto, mediamente, i valori hanno sempre oscillato tra i 0 e i 30°C, mentre negli altri due sistemi le temperature sono partite da valori prossimi o superiori ai 60°C ed hanno impiegato circa 10 giorni per stabilizzarsi. Una tale situazione ha sicuramente influenzato i processi chimici e microbici instauratesi subito dopo l’inizio dello stoccaggio condizionando la qualità del prodotto finale.
A differenza degli altri trattamenti, le temperature della tesi 3 non hanno mai raggiunto valori particolarmente elevati, con picchi massimi delle medie poco superiori ai 30°C. Ciò fa ipotizzare che l’immediata evaporazione dell’acqua dovuta alla ventilazione abbia portato in poco tempo il contenuto idrico a valori tali da non soddisfare le esigenze dei microrganismi, inibendo così le possibili fermentazioni a carico della biomassa.
Nelle ore immediatamente successive all’attivazione del sistema condizionante, nella tesi 3 era possibile apprezzare, oltre alla diminuzione delle temperature internamente alla massa stoccata, un più veloce abbassamento del contenuto in acqua rispetto alle altre due tesi. Ciò è evidente dai dati raccolti a 10 e a 30 giorni dall’inizio della prova quando è risultata netta la differenza tra la tesi condizionata e le altre due a confronto. In soli 10 giorni l’umidità all’interno della tesi 3 è scesa di 50 punti percentuali, mentre negli altri due si è avuto un decremento significativo, ma limitato a 8 (bins non condizionati) e 16 (cumuli aperti) punti percentuali.
A distanza di un mese il contenuto di umidità nella tesi 3 è rimasto più o meno costante rispetto alla prima lettura, evidenziando in tal modo che sono sufficienti 10 giorni per raggiungere un plateau stabile. L’abbassamento rapido del contenuto di umidità ha avuto ricadute altamente positive sulla perdita di sostanza secca. Quest’ultima è risultata, infatti, particolarmente contenuta nel trinciato della tesi 3 dove aveva raggiunto un valore del 14,28% dopo un mese, con un divario considerevole rispetto al comportamento nel bin non ventilato e al cumulo in pien’aria dove si sono registrati rispettivamente valori del 42,2% e 43,6%.
Si è potuto dimostrare che la perdita di sostanza secca del trinciato di canna ottenuto da piante in piena vegetazione può essere modificata dalle modalità con cui viene conservato nel postraccolta e dal tempo necessario prima della sua utilizzazione. La conservazione in contenitore provvisto di un sistema di condizionamento per la rimozione dell’umidità consente di ottenere un materiale asciutto e con perdite ridotte di sostanza secca nell’arco di 10 giorni. In assenza di aerazione o ricorrendo allo stoccaggio in cumuli aperti (soluzione meno costosa) la riduzione dell’umidità risulta più lenta e con una maggiore perdita di sostanza secca. La relazione tra contenuto di umidità della biomassa e tecnologia di trasformazione del prodotto è abbastanza ben definita, in quanto la conversione termica richiede materiali a basso contenuto di umidità, mentre la bio-conversione può utilizzare materiali con elevate percentuali di umidità. Con i valori di perdita di sostanza secca ottenuti dovrà essere valutata, per soddisfare le esigenze di approvvigionamento degli impianti a biogas/bioetanolo, la possibilità di effettuare più raccolte durante l’arco dell’anno oppure di insilare il prodotto.